centro de reflexión, encuentro y solidaridad
Facilitare l’apprendimento dei propri allievi, affinché possano un giorno essere persone diverse, capaci di spirito critico, consapevoli del significato di parole come tolleranza, rispetto e solidarietà. Un obiettivo tanto impegnativo, quanto accattivante, che qualunque insegnante si adopera a perseguire, una meta complessa da raggiungere, che richiede competenze, responsabilità e costanza. Da un lato si presenta come sfida, e richiede pertanto dedizione, dall’altro come rischio, e necessita quindi di coraggio, oltre che di speranza, perché solo così è possibile educare responsabilmente le generazioni future. Questo lo scopo della professione di un insegnante nella nostra società. Questo l’obiettivo del corpo docente di una piccola ONG locale, “Onè Respe”, situata in Repubblica Dominicana, dove, aldilà dell’immagine colorata e serena, creata per richiamare il turista, si scoprono realtà complesse, connotate da estrema povertà e solitudine.
Pensiamo al degrado materiale e valoriale che attanaglia questi luoghi, alla violenza e alla malattia che nutrono la vita di bambini e adulti. Immaginiamo quindi il ruolo essenziale dell’educazione in tale contesto e comprenderemo così il senso delle scuole gestite da “Onè Respe”, organizzazione impegnata nel rispetto dei diritti umani, delle differenze e nella lotta alla disuguaglianza. Tale ONG, operante a livello scolastico, educativo, formativo e sanitario, è attiva nel quartiere periferico di Gurabo, presso la città di Santiago e nelle zone limitrofe alla capitale, Santo Domingo. Ho avuto il privilegio di conoscere questa realtà, apprezzandone l’avanguardia pedagogica, nonostante le difficoltà socio-economiche.“Onè Respe” è certa che l’Educazione sia un potente strumento di democrazia e legalità, capace di restituire ai minori il desiderio di giocare, ridere, curiosare, benché vivano spesso in contesti di incurie familiari. Il bambino è considerato persona, portatrice di ricchezza, indipendentemente dal colore, dalla precarietà dello stile di vita, dalla cultura. In un ambiente d’oppressione e illegalità, la scuola permette di emergere, dare voce ai propri bisogni, apprendere a mantenersi onestamente, riscattare un passato di cocente delusione e alla violenza tipica della strada, essa oppone un esempio costante di lealtà. Grazie alla scuola, il bambino non apprende esclusivamente la didattica fondamentale, bensì, attraverso l’esercizio quotidiano, impara la bellezza del collaborare, acquisendo il senso del rispetto e della responsabilità reciproca. Le scuole di tale ONG sono definite comunitarie in virtù del ruolo assunto nei confronti del luogo in cui sorgono. Supportano le famiglie degli allievi e sono testimonianza, luce fra le baraccopoli. Osservandone la povertà, s’intuisce perché la scuola si relazioni con la comunità attraverso la comprensione: soltanto così è possibile combattere l’immagine della vita come qualcosa di inevitabilmente doloroso, pesante. La scuola diventa lo spazio per esprimere i sogni, la creatività e riscoprire l’infanzia. Quindi si connota per spazi dedicati al gioco, materiale didattico costruito ed utilizzato per stimolare la fantasia, in un clima disciplinato ed insieme sereno, nel quale ognuno possa sentirsi pienamente apprezzato. La scuola, basandosi sull’attivismo e la cooperazione, insegna le regole del quotidiano, come le norme igieniche, (assolutamente non scontate per chi vive sotto un tetto di lamiera), stimola la mente, ascolta le necessità, protegge e sfama, nel senso concreto del termine. E’ dunque maestra di vita.
Articolo scritto per la rivista “Scuola Italiana Moderna”